Perchè parlare di e-commerce e fisco?
Vendere online è una grande opportunità, lo sappiamo, ma gestire la fiscalità di un e-commerce può trasformarsi in una vera giungla.
Chi apre un negozio su Amazon, Shopify o altri marketplace spesso parte con entusiasmo… salvo poi ritrovarsi con sorprese fiscali non previste.
In Consol vediamo ogni giorno imprenditori che ci contattano perché il loro commercialista non ha gestito correttamente i dati dell’e-commerce, oppure perché hanno commesso errori in buona fede. In questo articolo analizziamo gli errori fiscali più comuni dei venditori online e come evitarli.
Non aprire la partita IVA quando necessario
Molti pensano di poter vendere online come “hobby” senza aprire partita IVA.
È vero che in pochi casi non serve, ma nel momento in cui l’attività diventa abituale e organizzata, la partita IVA è obbligatoria.
Errore tipico: aprire un negozio su Amazon o Etsy e credere di poter vendere per mesi senza inquadramento fiscale. Risultato: rischio di sanzioni e recupero imposte.
Scegliere il regime fiscale sbagliato
Un altro errore frequente è aprire la partita IVA senza valutare il regime fiscale giusto.
- Alcuni partono col forfettario solo perché “tutti lo fanno”, ma con spese alte si rivela sconveniente.
- Altri entrano subito nell’ordinario, senza sapere che con fatturati bassi potrebbero pagare più tasse del necessario.
La scelta del regime (forfettario o ordinario) va fatta sulla base del business plan e della struttura dei costi.
Ignorare la gestione IVA sulle vendite estere
Con l’e-commerce, vendere in Europa o fuori UE è immediato.
Il problema? Ogni Paese ha le sue regole IVA.
- Dal 2021 esiste l’OSS (One Stop Shop) per gestire le vendite UE: semplifica tutto, ma molti non sanno di doverlo attivare.
- Alcuni continuano a monitorare le vecchie “soglie Paese per Paese”, rischiando errori.
- Nelle vendite extra-UE (es. UK post-Brexit, USA) vanno considerati dogana e codice EORI.
Non gestire bene l’IVA estera può portare a doppie tassazioni o alla sospensione dell’account Amazon.
Non riconciliare i dati di Amazon o Shopify con la contabilità
Amazon Seller Central, Shopify, eBay… forniscono report dettagliati, ma non sono bilanci contabili.
Errore classico: prendere i totali di Amazon e inserirli in contabilità così come sono.
Il risultato? Scostamenti enormi tra ciò che appare nei report e ciò che risulta a livello fiscale (anche 100.000 € di differenza, come capita a molti clienti che arrivano in Consol).
Serve sempre una riconciliazione: dati dei marketplace vs estratti conto vs contabilità.
Dimenticare la fatturazione elettronica (quando serve)
Altro errore tipico: pensare che vendendo solo a privati non serva fattura o anche che serva sempre scontrino.
Per le vendite online B2C non c’è obbligo di emettere fattura salvo richiesta del cliente (ma, tantomeno, l’obbligo di emettere lo scontrino!).
Ma nel B2B (quando il cliente è un’azienda o un professionista), la fattura elettronica è sempre obbligatoria.
Molti lo ignorano, rischiando di incorrere in sanzioni per omessa fatturazione. Inoltre, è importante conoscere il programma di fatturazione automatica di Amazon (ed anche quando evitarlo!).
Non considerare correttamente i costi
Tantissimi e-commerce trascurano di registrare correttamente costi e spese:
- abbonamenti software (Shopify, Canva, Mailchimp);
- pubblicità online (Meta Ads, Google Ads);
- logistica e corrieri;
- commissioni marketplace.
Non inserirli in modo corretto significa pagare più tasse del dovuto.
Non pianificare il cash flow
Vendere online genera incassi continui, ma le tasse non arrivano subito.
Errore classico: spendere subito gli incassi senza accantonare per IVA e imposte.
Quando arriva la scadenza fiscale, mancano i soldi → ansia, debiti o rateizzazioni.
Fidarsi di un commercialista che non conosce l’e-commerce
Questo è forse l’errore più grave.
Un commercialista “tradizionale” che tratta un e-commerce come un negozio fisico rischia di:
- sbagliare l’inquadramento IVA estero,
- non riconciliare i report dei marketplace,
- sottovalutare la fiscalità digitale.
Risultato: errori nei bilanci, sanzioni e margini ridotti.
Non gestire correttamente il credito IVA
Molti e-commerce, soprattutto in fase di crescita, si ritrovano con più IVA a credito che a debito.
Per esempio, comprano in Italia, ma le vendite sono soprattutto all’estero.
Risultato: accumulano credito IVA che non riescono a compensare subito e che rimane immobilizzato.
Questo genera sofferenza finanziaria, perché l’imprenditore si trova senza liquidità pur avendo un credito verso lo Stato.
Gestire correttamente il credito IVA e-commerce è fondamentale.
Serve intervenire costantemente per decidere se chiedere il rimborso, se compensare con altre imposte o come gestire i flussi di cassa in attesa.
Non considerare bene i resi e i risarcimenti
Amazon ed altri marketplace hanno una gestione molto dinamica dei resi e dei rimborsi ai clienti.
Un errore comune di contabilità e-commerce riguarda i resi e i rimborsi, che non vengono gestiti correttamente.
Il rischio è di avere una contabilità non allineata, IVA non corretta e margini falsati.
Un reso o un risarcimento incide sia sui ricavi che sull’IVA e se non gestito correttamente porta a discrepanze nei bilanci.
Conclusione
Gestire un e-commerce significa saper vendere online, ma anche conoscere (o farsi affiancare da chi conosce) le regole fiscali.
Molti venditori Amazon commettono errori fiscali.
Gli errori che abbiamo visto sono tra i più comuni, ma anche i più costosi.
La buona notizia? Con la giusta pianificazione e un partner specializzato come Consol, puoi evitarli e concentrarti sulla crescita del tuo business. E-commerce e fisco non saranno più un pensiero.
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